L'inquinamento ambientale è un'emergenza concreta, finalmente l'abbiamo capito
Fortunatamente sempre più individui hanno acquisito la consapevolezza dell'emergenza rappresentata dall'inquinamento ambientale, e sembra che finalmente anche a livello istituzionale, in parte, ci si stia muovendo per far sì che tutte le persone e le organizzazioni pongano questo problema concreto come una variabile imprescindibile di comportamento.
Forse a causa delle avvisaglie e dei fatti di cronaca inevitabilmente più frequenti, infatti, nell'agenda politica internazionale sono introdotte un numero sempre maggiore d’iniziative e decreti legislativi volti al definitivo cambio di rotta in termini di protezione e tutela dell'ambiente e delle forme di vita in esso presenti.
Dopo mesi di negoziati, e visionata la relazione del Parlamento Europeo dello scorso ottobre, anche l'Unione Europea ha finalmente fatto un passo in avanti nei confronti delle politiche di tutela ambientale.
La Commissione Ambiente, infatti, ha concordato con il Consiglio che a gennaio 2019 si voterà il testo sullo stop alla produzione del 70% dei materiali in plastica che a oggi inquinano spiagge e oceani. A partire dal 2021 saranno proibite posate, cannucce, cotton-fioc, palette, bastoncini per palloncini, e altri comuni oggetti che da soli rappresentavano la gran parte del plastic waste globale.
Oltretutto è stato anche deliberato che, dal 2025, le bottiglie in pet dovranno essere composte dal 25% di materiale riciclato, percentuale che salirà al 30% già dal 2030. In ultimo, è stato fissato l'obiettivo di raccolta del 90% delle bottiglie di plastica entro il 2029. Massimo in due anni dalla pubblicazione sulla Gazzetta dell'Unione Europea i Paesi membri sono chiamati a recepire e assimilare questa direttiva, che comprende tra gli altri anche gli imballaggi per gli alimenti pronti, i recipienti alimentari, le tazze in polistirene e tutte le plastiche dette oxodegradabili (con l'etichetta abusiva di biodegradabilità).
Sembra quindi che l'obiettivo sia finalmente ridurre il consumo internazionale dei prodotti monouso di plastica, esigendo standard più virtuosi soprattutto sulla produzione e l'etichettamento.
Al fine di evitare l'emissione di 3,4milioni di tonnellate di CO2, poi, sembra che l'Unione Europea abbia finalmente preso la decisione di tassare i produttori di plastica, anche e soprattutto l'industria del tabacco per quanto riguarda la dispersione dei filtri nell'ambiente, in questo momento il secondo prodotto monouso in plastica per consumo europeo. Su questo punto, in particolare, si è espresso anche l'eurodeputato del Movimento5Stelle Piernicola Pedicini, ponendo delle critiche circa "l’obiettivo di riduzione dei mozziconi di sigarette, che impiegano tra i 10 e i 12 anni per deteriorarsi e contengono numerose sostanze chimiche tossiche per l’ambiente".
La direttiva rappresenta "vantaggi ambientali [ma anche] economici", in quanto ai consumatori una politica più etica e lungimirante farebbe risparmiare anche 6,5 miliardi di euro.
Una nota del testo riporta poi la dichiarazione del vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans, che dichiara come “gli europei [siano] consapevoli che i rifiuti plastici costituiscono un enorme problema e l’Ue nel suo insieme [stia dando] prova di grande coraggio nell’affrontarlo, rendendosi riferimento nella gestione degli scarti plastici marini“, ponendo tale documento come "lo strumento giuridico più ambizioso al mondo in materia di rifiuti marini".
Altrettanto importanti si propongono le parole di Marco Affronte, eurodeputato dei Verdi, secondo il quale la nuova direttiva è una "vera vittoria per la conservazione del nostro pianeta e un atto di solidarietà verso le generazioni future", ma comunque non sufficiente. L'Unione Europea, infatti, "deve dimostrare che è possibile eliminare la plastica monouso e diventare un esempio globale".
E' quindi scontato dire che è un buon inizio, ma che si può e si deve fare ancora molto a livello legislativo per spezzare questo ciclo che dalla produzione porta alla dispersione nell'ambiente.
Dello stesso parere è infatti Greenpeace: “Arriva un segnale importante dall’Europa per contrastare l’inquinamento da plastica nei mari del Pianeta. Tuttavia le misure concordate, come la riduzione a monte della produzione di alcuni imballaggi e contenitori in plastica monouso, non rispondono pienamente alla gravità dell’inquinamento dei nostri mari” si legge in una loro nota. Il responsabile della Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia Giuseppe Ungherese aggiunge poi che "quello lanciato dall’Unione europea è un segnale importante che risponde alle richieste e alle preoccupazioni di migliaia di cittadini. Ancora, però, si è lontani da una vera soluzione. Non introducendo misure vincolanti per gli Stati membri per ridurre il consumo di contenitori per alimenti, e ritardando di quattro anni l’obbligo di raccogliere separatamente il 90 per cento delle bottiglie in plastica, l’Europa regala così alle grandi multinazionali la possibilità di fare ancora enormi profitti con la plastica usa e getta a scapito del Pianeta"[1].
Se da un lato, insomma, si registra una consapevolezza ai vertici istituzionali e una volontà di intervenire a cascata su tutte le amministrazioni e i territori membri, dall'altra la spinta critica e propulsiva perpetuata dal basso da parte di cittadini e organizzazioni più o meno grandi si pone come costante ricerca di una migliore qualità di vita e di tutela ambientale.
Un trend che si manifesta anche in Italia, nella bellissima Villa Magnesi di Palermo, dove il 20 dicembre appena trascorso si è tenuto il workshop di Urban Health dal titolo La salute nelle nostre città: le conoscenze e le possibili soluzioni per un reale miglioramento della qualità di vita della popolazione. L'evento è stato organizzato dall'associazione scientifica Hospital and Clinical Risk Managers e dall'associazione Trecento90 Città.
A partire dalla volontà di supportare e salvaguardare la salute delle persone nei contesti urbani, Urban Health si pone come attore compartecipe di un approccio strategico in grado di sviluppare iniziative consapevoli e sostenibili di rigenerazione urbana, coniugando le attività di tutela e promozione della salute con i processi di progettazione territoriale.
L'obiettivo è quello di sviluppare e intraprendere azioni in grado di generare un tangibile miglioramento dell'urbanistica, tale da ripercuotersi in un conseguente impatto positivo sulla salute dei cittadini e sulla qualità fisica, psichica e sociale degli stessi. Analizzando la popolazione residente nelle metropoli, infatti, si esegue quella che scientificamente viene definita health prism, o health lens, un cambio di focus, cioè, che sposta l'attenzione sulla promozione della salute e sulla prevenzione delle malattie, in particolar modo quelle cronico-degenerative. Queste, infatti, presentano rilevanti correlazioni con le variabili di pressione tipiche dei contesti urbani contemporanei, e di conseguenza incidono pesantemente sui sistemi sociosanitari europei.
Per chi opera nel settore medico-sanitario, d'altro canto, il raggiungimento degli obiettivi strategici e innovativi volti alla tutela della salute, alla sostenibilità e, si spera, all'implementazione dei sistemi socio-assistenzialistici, pone l'intero approccio completamente inserito in ciò che l'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce health in all policies, uno sviluppo sanitario che va oltre il concetto di assistenza.
Il concetto è di stimolare e implementare sinergie e collaborazioni tra i professionisti medico-sanitari e chi opera in campi più tecnici, quali ad esempio architetti, urbanisti, paesaggisti, ingegneri ambientali e così via.
Il workshop è stato impostato in due diverse sessioni, la prima delle quali in cui si è discusso degli approcci e delle linee guida per una città più in salute e più a portata d'essere umano, del concetto di indoor e di autosufficienza energetica nei luoghi pubblici, dello sviluppo di una nuova mobilità, definita dolce, in grado di favorire un invecchiamento attivo della popolazione. La seconda sessione, quella pomeridiana, è stata invece dedicata allo sviluppo delle smart cities e all'amministrazione integrata dei rifiuti, con alcuni esempi di buone pratiche adottate nei comuni siculi.[2]